La pagina della scienza e della tecnica de "La Stampa" di martedì 11 novembre 1969, interamente dedicata alla seconda missione con sbarco sulla Luna (dalla collezione personale di Gianluca Atti).
Venerdì, 17 e 23 ora italiana: parte da Cape Kennedy l'"Apollo 12"
LUNA, MISSIONE SECONDA
Tre ufficiali di Marina americani, Charles Conrad, Richard Gordon e Alan Bean, affronteranno i 380 mila chilometri che separano la Terra dal nostro satellite - Gordon resterà in orbita a 100 chilometri di quota, Conrad e Bean scenderanno mercoledì 19 nell'Oceano delle Tempeste - Resteranno sulla Luna per 31 ore, trascorreranno sette ore in esplorazioni; è loro compito riportare a terra il relitto della sonda automatica "Surveyor" posatasi il 20 aprile 1967 - Sulla Luna lasceranno una piccola centrale atomica per alimentare gli strumenti di rilevazione scientifica - Poi il rientro nel Pacifico, dieci giorni dopo la partenza - Le telecamere trasmetteranno dallo spazio e dalla superficie lunare fotografie a colori
Le novità di Apollo 12
Nelle due ore immediatamente precedenti il lancio dell'Apollo 12 per la Luna, venerdì prossimo, gli elaboratori elettronici del Launch Center controlleranno dodici volte ogni minuto secondo ciascuno dei tremila manometri e valvole del razzo vettore Saturno: un exploit tecnologico suprbo, inimmaginabile appena dieci anni fa, e che pure non ci sorprende quasi più. E' appunto in questa "non sorpresa" la caratteristica essenziale della missione imminente: quella di segnare il passaggio dall'avventura assolutamente eccezionale, pioneristica, ancora fra sogno e realtà, alla nuova, nascente epoca dei viaggi spaziali diremmo di routine, di pacata esplorazione scientifica, di continui perfezionamenti applicativi e, naturalmente (questo almeno è lo scopo) di minor costo e più alta reddittività.Non che siano stati eliminati i rischi, anzi siamo bel lontani da una tale mèta. Ogni impresa reca sempre con sé fattori imponderabili e inoltre, va detto subito, quella di Conrad, Bean e Gordon, i tre ufficiali di vascello della Marina americana che saliranno a bordo dello Yankee Clipper, non sarà una semplice ripetizione del volo Apollo 11. Saranno presenti elementi nuovi sui quali nessuno fra i tecnici della Nasa osa pronunciarsi. Gli astronauti, ad esempio, scenderanno in una zona della Luna distante 1300 chilometri (come fra Torino e la Svezia) da quella dove Armstrong sbarcò il 21 luglio scorso e dove il terreno è apparso nelle fotografie del Surveyor, più aspro e scosceso. Inoltre Conrad e Bean trascorreranno su quel mondo un tempo assai più lungo di quanto non vi siano rimasti i protagonisti del primo volo, 31 ore e mezzo contro 22. Si allontaneranno di più dal "modulo", la loro casa lunare, fino a un massimo di 900 metri. Staranno all'aperto, protetti dalle radiazioni cosmiche e dalle temperature estreme soltanto grazie ad una tuta leggera, per oltre sette ore, ed avranno bisogno di una più ampia dotazione di ossigeno. Compiranno l'uscita in due tempi, con una pausa per rifornirsi all'interno della cabina pressurizzata e cambiare tuta. E soprattutto, là nell'Oceano delle Tempeste, dovranno compiere manovre di una notevole difficoltà, come raggiungere, visionare e riportare a bordo della navicella taluni relitti della sonda Surveyor.Novità grandi, dunque, in un campo dove tutto è nuovo. In particolare, tuttavia, le novità maggiori vanno ricercate, più che negli aspetti umani della missione, nel suo carattere scientifico. Fra l'altro, verrà collocata sulla Luna una centrale atomica. In miniatura, certo, ma tale da garantire per oltre un anno l'erogazione di corrente elettrica in misura sufficiente a far funzionare gli apparecchi che gli uomini sistemeranno nel suolo lunare per ottenere, a terra, informazioni sul campo magnetico del Satellite (se pure ne ha uno), sui terremoti, sull'impatto di meteoriti, sulle temperature, sulle radiazioni cosmiche, sul vento solare, sull'atmosfera, sia pure immensamente rarefatta, che forse è presente anche sulla Luna.A più riprese durante il volo, e nel corso della permanenza sul Satellite, le telecamere di bordo, azionate automaticamente e non più impugnate dall'operatore, invieranno a terra immagini che purtroppo in Italia non potremo vedere direttamente: a colori. Il grigio tra perla e cenere delle lande lunari, il nero profondissimo delle ombre, il bianco abbagliante delle regioni bruciate dal Sole, il nero vellutato del cielo trapunto di stelle che non scintillano ma rivelano immote una gamma di tinte, la falce verdazzurra della Terra alta sull'Oceano delle Tempeste. E in quel paesaggio deserto fra crateri e ciottoli e polveri e buche due uomini avanzeranno leggeri, assorti nel loro compito, silenziosi, cauti, cavalieri d'un'epoca nuova. (Umberto Oddone)Una piccola centrale atomica verrà collocata dagli astronauti nell'"Oceano delle Tempeste"
Si tratta di un generatore a radioisotopi (plutonio 238) che darà corrente elettrica agli strumenti che verranno lasciati sulla superficie lunare: sismografo, rilevatore del vento solare, misuratore del campo magnetico, termometri, trasmittenti - A differenza delle cellule solari, potrà funzionare anche durante la notte lunare (quattordici giorni terrestri)
Il fatto nuovo più importante dell'imminente viaggio dell'"Apollo 12" è che verrà collocata sulla Luna una centrale atomica: un vero reattore nucleare, in miniatura se si vuole, ma comunque capace di rifornire di corrente elettrica ricavata direttamente dalla disintegrazione atomica il complesso degli strumenti scientifici che saranno lasciati dagli esploratori sul nostro satellite. Questo pacco di strumenti (detti ALSEP, Apollo Lunar Surface Experiments Package) non sarà più azionato da batteria solari, ma ripetiamo, da una sorgente radioattiva denominata SNAP-27.
Lo SNAP-27 è un generatore di tipo statico, cioè senza alcun organo in movimento, e comprende un nucleo radioattivo di plutonio 238 racchiuso in una guaina di protezione, attorno alla quale sono sistemate delle alette radiali costituite da centinaia di elementi semiconduttori di piombo-tellurio.
Il processo di generazione dell'energia elettrica è molto semplice: le radiazioni emesse dal plutonio 238 vengono assorbite dallo schermo di protezione e trasformate in calore: la differenza di temperatura che così si stabilisce tra il nucleo centrale e le alette radiali determina un flusso di elettroni nei semiconduttori, ai capi dei quali si crea una differenza di potenziale: quanto maggiore è il gradiente termico, tanto più alta è la tensione fornita dal generatore.
La funzione delle alette è quella di mantenere il salto di temperatura costante, disperdendo calore in continuità: ne consegue che solo una minima parte (circa il 6%) dell'energia prodotta dal nucleo si trasforma in elettricità; la rimanente viene dispersa nello spazio per irraggiamento, dalle alette stesse.
Peso: 20 chili
Il generatore SNAP-27 dovrà sviluppare una potenza elettrica di circa 56 watt, continuamente, per oltre un anno, essendo questo il limite previsto per la vita delle apparecchiature scientifiche da esso alimentate; il generatore, di per sé, potrebbe funzionare in continuità per periodi di tempo di gran lunga maggiori.
I vantaggi offerti da questo generatore di energia ad isotopi rispetto ai tradizionali sistemi finora usati (batterie chimiche, fuel cells, batterie solari) sono molteplici: in primo luogo esso rappresenta, con il suo peso di soli 20 kg, la sorgente di energia più leggera che si conosca; in secondo luogo è la sola che possa garantire, per un tempo così lungo, una erogazione di energia praticamente costante, anche quando la superficie lunare entra nell'ombra della notte e la temperatura superficiale scende a un centinaio di gradi sotto zero.
La sua robustezza e il suo ingombro limitato rappresentano inoltre la miglior garanzia contro ogni pericolo di danneggiamento da parte dei meteoriti ed infine, grazie al particolare sistema di collegamenti elettrici tra i semiconduttori, esso può sopportare anche un notevole numero di guasti agli elementi sensibili senza variare la potenza erogata.
Lo SNAP-27 è costruito dalla General Electric e fa parte di una vasta famiglia di generatori ad isotopi che da anni sono in fase di studio: tra questi citeremo lo SNAP-19, previsto per l'installazione sul satellite meteorologico Nimbus B, e lo SNAP-29, a tubi di calore, in grado di sviluppare una potenza superiore a 400 watt.
La corazzatura
Uno dei problemi fondamentali che si è dovuto affrontare nella progettazione di questi generatori è stato quello di garantire l'efficienza per tutto il tempo previsto dal programma, nelle condizioni ambientali più avverse ed in previsione anche di possibili inconveniente in esercizio: a tal fine la General Electric ha effettuato sul prototipo dello SNAP-27 prove per oltre 10.000 ore di funzionamento, simulando le condizioni ambientali più critiche, con sbalzi di temperatura da decine di gradi sopra zero a un centinaio di gradi sotto; tali prove hanno dimostrato che il complesso possiede una vita media di gran lunga superiore a quella preventivata.Un altro problema che si è dovuto affrontare è quello relativo alla protezione contro i pericoli di contaminazione radioattiva, non solo nel presente, ma a grande distanza di tempo: il problema risulta particolarmente grave perché il plutonio ha un periodo di decadimento di circa 87 anni, per cui il nucleo radioattivo, in caso di rottura dell'involucro, può inquinare pericolosamente il suolo circostante, con gravi pericoli per i futuri astronauti, anche quando avrà cessato di funzionare come generatore di energia elettrica e giacerà inerte e dimenticato da diversi anni sul suolo lunare.La difficoltà è stata superata con una opportuna corazzatura, in grado di sopportare non solo le eventuali azioni esterne dei micrometeoriti, ma, soprattutto, di conservare la sua efficienza per tempo indeterminato anche sotto l'azione combinata del calore e delle radiazioni emesse dal plutonio.Nello studio di questa corazzatura si sono pure considerati i pericoli di contaminazione durante la fase di lancio, anche nella ipotesi di un incidente al veicolo spaziale; il contenitore del combustibile, pertanto, è stato dimensionato in modo da sopportare sia gli urti più violenti, quali potrebbero derivare da una esplosione, sia il calore che si svilupperebbe per l'attrito con l'aria nella fase di rientro, in modo da evitare che, in tale evenienza, il plutonio si disperda nell'atmosfera.L'efficienza di tale protezione è stata controllata in laboratorio con centinaia di prove ed ha avuto il suo collaudo in esercizio, sia pure involontariamente, in occasione del lancio del primo satellite Nimbus B: a causa di un'anomalia nel sistema di guida, il razzo vettore fu fatto esplodere in volo: il generatore sperimentale SNAP-19 che si trovava a bordo, venne recuperato ad un migliaio di chilometri di distanza, assolutamente intatto. (Mario Oggero)
Gli uomini del "Yankee Clipper" controlleranno le prime informazioni ottenute con l'Apollo 11
Gli astronauti dell'"Apollo 12" stanno per partire, proponendosi tra l'altro di controllare e ampliare le ricerche scientifiche del precedente volo. E' il momento di chiederci che cosa ci ha detto in concreto, sulla Luna, la missione di Armstrong, Aldrin e Collins.
Le analisi chimiche hanno finora rivelato che la composizione globale della materia lunare è assai simile a quella già rilevata dalla sonda automatica Surveyor 5, scesa ad appena 32 km dal Lem dell'Apollo 11: 58% di ossigeno, 18% di silicio e 7% dall'alluminio. Sono stati inoltre trovati altri 33 elementi chimici diversi. Paragonate a quelle terrestri e alle meteoriti, le rocce lunari contengono alte percentuali di titanio, zirconio e itterbio. Le concentrazioni di ferro e di magnesio risultano invece molto più basse di quelle terrestri. Assolutamente inesistenti l'oro, l'argento e il platino, e così pure i diamanti e le altre pietre preziose.
Le analisi radioattive hanno dimostrato che le rocce lunari contengono più torio delle meteoriti e meno uranio dei basalti terrestri. Il loro tenore potassico è altrettanto debole. Sono stati inoltre scoperti una dozzina di isotopi radioattivi, come il sodio 28, l'alluminio 26, il cobalto 56, li scandinavio 46, il manganese 54 e altri, che si comportano i maniera diversa da quelli presenti nelle rocce terrestri. Due di essi, per esempio, emettono radiazioni per un periodo di appena qualche settimana, e ciò lascia supporre che si siano formati in seguito al bombardamento del suolo lunare da parte di particelle velocissime, provenienti dal Sole e da altri mondi ancora più lontani.
Le analisi microscopiche hanno dimostrato che il materiale cristallizzato non rassomiglia, dal punto di vista chimico e mineralogico, né alle rocce terrestri né alle meteoriti. Risulta inoltre che le rocce si sono cristallizzate in un'atmosfera molto povera di ossigeno, acqua o composti di zolfo. Evidenti le tracce di erosione, dovuta tanto a forze attive sulla Luna quanto al bombardamento di proiettili (radiazioni, particelle e meteoriti) provenienti dallo spazio.
Le analisi biologiche hanno confermato che nel materiale raccolto nella zona d'atterraggio dell'Apollo 11 non vi sono tracce di carbonio, di materia organica nel senso più generale, e di acqua. Le esperienze fatte inoculando materia lunare alle cavie o coltivando tessuti "in vitro" in presenza della stessa materia o con i vegetali, hanno dato tutte esito negativo. Altrettanto negativa la ricerca di microrganismi animali o vegetali.
Gli strumenti lasciati sulla Luna, pur funzionando in maniera irregolare, hanno raccolto dati che i selenologi ritengono sufficientemente indicativi. Il sismografo, per esempio, ha rilevato una trentina di eventi sismici provocati da scosse tanto superficiali che profonde. Alcuni di essi sembrano dovuti a movimenti di materiale sui bordi dei crateri più vicini alla zona dell'atterraggio e si sono verificati proprio mentre il Sole era allo zenith della zona. Le scosse più interessanti sono per ora le tre provenienti da epicentri situati rispettivamente a 270, 1100 e 2300 miglia dal sismometro. Questi sismogrammi, alcuni abbastanza simili a quelli registrabili sulla Terra e altri assai diversi, invitano a ritenere che la Luna sia coperta da una crosta spessa una ventina di chilometri e possieda un nucleo interno più caldo, formato forse da rocce ad elevata concentrazione metallica. Il fatto che tutte le scosse registrate siano di debole intensità suggerisce questa alternativa: l'attività sismica della Luna è piuttosto ridotta oppure la Luna è un corpo molto eterogeneo.
Per determinare l'età della Luna sono state usate le analisi radioattive, con le quali si può misurare il decadimento di certe sostanze radianti (nel caso specifico il potassio e l'argon) e confrontarlo con quello delle rocce terrestri. L'età della Luna sembra così valutabile fra i 3 e 4 miliardi di anni, mentre quella della Terra viene ormai abitualmente accettata in 4,6 miliardi. Ma poiché le rocce superficiali dei "mari lunari" sono quasi sicuramente più giovani di quelle che ricoprono i monti, l'età vera del satellite potrà essere determinata solo dopo le analisi sui campioni prelevati nelle zone montagnose dagli astronauti delle prossime missioni. E quasi sicuramente l'età definitiva della Luna verrà indicata in 4 miliardi d'anni. (Bruno Ghibaudi)
"Count-down" in corso sulla rampa n. 39 A
Capo Kennedy, 10 novembre. Sulla rampa di lancio n. 39 A è in corso il conto alla rovescia per il Saturno: i serbatoi si stanno riempiendo di ossigeno e di elio. L'ultimo controllo ha confermato lo stato di perfetta salute dei tre astronauti. (United Press)